Mantenimento: l’ex che si rifà una nuova famiglia, perde tale assegno?
Tempo di lettura previsto 3 minuti
Accade di frequente che, successivamente al divorzio, gli ex coniugi (o alcuno di essi) decidono di intraprendere una nuova convivenza o famiglia di fatto, quando non addirittura un ulteriore matrimonio, con altri partners.
E ciò, quando uno di essi goda di un diritto di mantenimento nei confronti dell‘ex, può innescare ulteriori questioni come quella della possibile (richiesta di) perdita dell’assegno di mantenimento.
Vediamole, con ordine.
Nel nostro sistema giuridico, c‘è un modello di famiglia alternativa a quella fondata sul matrimonio?
Innanzi tutto, la nostra Costituzione, accanto alla famiglia legittima che trae fonte dal matrimonio, tutela ed offre una posizione di garanzia, sia pure indiretta, anche alla famiglia di fatto.
Tale espressione (o anche relazione more uxorio, che significa – tralasciando i latinismi – al pari di marito e moglie) si riferisce non già ad una mera convivenza analoga a quella tra coniugi, ma ad una vera e propria famiglia.
Essa, quindi, è una formazione sociale in cui si svolge la personalità dell’individuo e merita questo nomen, sia pure accompagnato dall’aggettivo di fatto, perché portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo dei suoi componenti, oltre che di educazione ed istruzione di (eventuali) figli.
Quali caratteri deve avere una convivenza per dare vita ad una famiglia di fatto?
Deve assumere connotati di stabilità e continuità, ed accompagnarsi ad un progetto oltre che un modello di vita in comune.
In altri termini, una convivenza si trasforma in una famiglia quando via sia un potenziamento reciproco della personalità dei conviventi e la trasmissione di valori educativi ai figli, analogamente a quello che accade in una famiglia fondata sul matrimonio.
Che effetti produce la nascita di nuova famiglia di fatto sull‘assegno di mantenimento?
Per rispondere, devo premettere che il diritto all’assegno di mantenimento viene riconosciuto, per effetto del divorzio, all’ex coniuge più debole, al fine di garantirgli lo stesso tenore di vita che godeva durante la precedente convivenza matrimoniale.
Al riguardo, se il coniuge divorziato e già titolare dell’assegno divorzile:
- contrae un nuovo matrimonio, il suo diritto al mantenimento cessa in modo automatico;
- crea una nuova famiglia di fatto, viene meno ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase matrimoniale, quindi anche i presupposti dell’assegno, ma questo richiede un accertamento ed una pronuncia giudiziale;
- in tale ultimo caso, una parte della giurisprudenza ha, però, sostenuto che il diritto all’assegno entrerebbe in una sorta di (quiescenza) sospensione temporanea e potrebbe riproporsi in caso di rottura, sempre possibile, della convivenza tra famigliari di fatto (proprio perché la legge non li tutela tra loro).
Tuttavia, recentemente, si è invece sostenuto che la famiglia di fatto – quale espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, eventualmente arricchita dalla nascita di figli – dovrebbe essere caratterizzata dall’assunzione piena di un rischio in relazione alle vicende successive della stessa.
Quindi, il soggetto che costituisce una famiglia di fatto deve mettere in conto (oltre alla perdita del diritto all‘assegno di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge che dovrà, pertanto, considerarsi definitivamente esonerato) la possibilità della cessazione del rapporto di convivenza e così anche degli apporti economici da esso derivanti.
Il caso:
La Suprema Corte di Cassazione [1] ha avuto occasione di pronunciare questi principi e rigettare una domanda di assegno di mantenimento, precedentemente disposto, in favore di una donna divorziata perché la stessa aveva costituito una famiglia di fatto, anche se successivamente sciolta, con un nuovo compagno, e dalla quale erano nati addirittura due figli.
CONSIGLIO: Nei casi in cui un ex coniuge sia obbligato, a causa del divorzio, a versare all’altro un assegno di mantenimento, è consigliabile monitorare la posizione personale del beneficiario dell’assegno, al fine di adeguare, in caso di mutamenti come sopra descritti, la situazione di “diritto” alla “nuova realtà” … 😉
[1] Corte di Cassazione, sentenza, 3 aprile 2015, n. 6855.