Rumori in condominio: quali tutele?

Paolo abita in un appartamento al primo piano di un condominio in centro città e si lamenta di non riuscire più a dormire per i rumori che provengono dal piano secondo, dove abita Federico, da quando quest’ultimo ha modificato la disposizione delle stanze spostando la cucina sopra la camera da letto di Giulio.
La pacifica convivenza in condominio è spesso messa in discussione da alcuni comportamenti di taluni condomini, che mettono in crisi i rapporti tra loro. Chissà a quanti di voi sarà capitato di non riuscire a dormire o riposare a causa dei rumori provenienti dall’appartamento del condomino vicino.
Talvolta, se il vicino è una persona educata, potrà bastare un semplice richiamo verbale a far cessare i rumori. Ma se ciò non bastasse, a quali forme di tutela potete ricorrere?
A chi posso rivolgermi?
Una delle esigenze che si pone chi viene svegliato nel cuore della notte dal vicino del piano di sopra o dal dirimpettaio che tiene la televisione ad alto volume, è capire a chi rivolgersi per far cessare i rumori.
In assenza di uno spontaneo ravvedimento del vicino chiassoso, la prima idea che può venirvi in mente è quella di rivolgervi all’amministratore del condominio. Ma non sempre in condominio è presente un amministratore; ed inoltre, solo raramente lo stesso ha poteri d’intervento nelle liti private fra i singoli condomini.
Infatti, l’amministratore di condominio potrebbe intervenire solamente in caso di regolamento condominiale approvato all’unanimità, in cui sia inserito il divieto di fare rumori oltre una certa ora.
A ben vedere, tra i vari compiti dell’amministratore c’è quello di far rispettare il regolamento condominiale e, se previsto, anche di applicare multe ai condomini.
Inoltre, in casi come questi, potete rivolgervi anche ad un avvocato che, in un primo tempo, può diffidare il condomino chiassoso a porre fine ai comportamenti molesti e, nel caso in cui la diffida non sortisca l’effetto sperato, ricorrere al Tribunale per ottenere un provvedimento che imponga la cessazione dei rumori.
Quando i rumori sono considerati molesti?
L’art. 844 del codice civile prevede che i rumori (e così anche le immissioni di fumo, di calore e le esalazioni) derivanti dalla proprietà del vicino, possono diventare illeciti quando superano la “normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.
La “normale tollerabilità” è un parametro o un limite non assoluto, ma relativo per accertare il quale bisogna tener conto di più circostanze, come ad esempio la situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.
Infatti, in una zona urbana, il traffico delle auto, le voci dei passanti sotto casa e i normali rumori del centro, provenienti anche dagli esercizi commerciali, creano un rumore di fondo più alto di quello presente in una zona di aperta campagna.
In altri termini, in un centro urbano, il limite di tollerabilità imposto ai proprietari è più alto rispetto a quello di una zona di campagna, nel quale ultimo caso è più facile superare la soglia oltre la quale il rumore diventa intollerabile.
Le prove necessarie a verificare se un determinato rumore supera o meno il suddetto limite fissato dalla legge devono essere eseguite tenendo in considerazione non il silenzio assoluto (perché nel qual caso sarebbe facile superare la soglia di tollerabilità) ma i normali rumori di fondo che si producono nell’arco di una normale giornata, mettendo in conto anche le normali modalità di utilizzo degli immobili ed il livello di rumorosità di quella zona.
Quando un rumore può dirsi intollerabile?
Nel caso in cui il vicino non intenda cessare spontaneamente i rumori molesti e si renda necessario agire in giudizio, occorre dimostrare che i rumori sono intollerabili e superiori alla norma.
In questo ambito, è opportuno avvalersi dell’operato di un tecnico esperto della materia, qual è un perito fonografico, che esegua appunto i rilievi fonometrici.
In questo ambito, c’è una normativa (qual è quella contenuta nel DPCM 14.11.1997) che impone ai privati di contenere le immissioni sonore entro i limiti di 60 decibel in orario diurno e di 50 decibel in orario notturno.
Ed inoltre, per quanto la legge non lo dica, i giudici della Cassazione hanno individuato una una soglia (data dai rumori di fondo più tre decibel) superata la quale i rumori vengono considerati intollerabili (Cassazione Civile, sez. III, n. 20927/2015).
Il caso
- Paolo, stanco dei rumori provenienti dall’appartamento di Giulio, agisce in giudizio chiedendo al giudice di pace prima ed al tribunale poi la cessazione delle immissioni rumorose perché intollerabili.
- Giulio si difende sostenendo che non si trattava di rumori, perché lo stesso utilizzava normalmente l’immobile, che la loro diffusione nell’appartamento di Paolo era dovuta alla struttura dell’edificio e che lo spostamento del vano cucina in corrispondenza della camera da letto di Paolo non aveva modificato il carico acustico sulla proprietà sottostante.
- I Giudici, invece, avvalendosi dei rilievi fonometrici di un perito, danno ragione a Paolo, ritenendo che la nuova collocazione dei vani nell’appartamento di Giulio ha determinato il superamento del limite di tre decibel rispetto alla normale rumorosità di fondo di quei luoghi e quindi veniva ordinata la cessazione dei rumori intollerabili.
- Giulio, ritenendo ingiusto questo verdetto, si è rivolto alla Corte di Cassazione che – con la sentenza della sezione II civile, 05 novembre 2018 n. 28201 – ha accolto il suo ricorso, imponendo di rifare un nuovo processo. In particolare, si è accertato che il perito ha eseguito i rilievi senza rispettare i principi di cui sopra, perché ha misurato la rumorosità di fondo soltanto all’interno della proprietà di Paolo ed in condizione di assoluto silenzio, mentre avrebbe dovuto tenere in considerazione anche le normali modalità di utilizzo dell’appartamento ed il livello di rumorosità di quella zona.
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