Locatore intima a inquilino moroso di liberare casa: è reato di minaccia?

Capita spesso al proprietario che concede in locazione il proprio immobile di non vedere rispettato l’obbligo gravante sul conduttore di pagare il canone mensile.
Ed è a questo punto che il locatore ha la necessità di recuperare il proprio credito impagato.
Cosa posso fare se l’inquilino non paga il canone?
Il locatore, difronte a questa eventualità, può chiedere al conduttore moroso in via alternativa:
- il (solo) pagamento degli importi dei canoni arretrati;
- oppure lo sfratto (che comporta il venir meno del contratto, con obbligo del conduttore di liberare l’immobile da persone e cose), accompagnato dalla richiesta di pagamento dei canoni arretrati e delle mensilità a scadere fino alla liberazione effettiva.
La scelta tra queste due opzioni dipende da valutazioni che deve fare il proprietario.
Più precisamente, il proprietario locatore sceglierà la prima opzione quando ha interesse, per le più svariate ragioni, a mantenere in vita quel contratto di locazione.
Si pensi, ad esempio, al caso del proprietario che ritiene che il conduttore sta attraversando un momento di difficoltà economica transitoria e confida che, superata la quale, continuerà a pagare regolarmente il canone mensile.
Al contrario, il locatore sceglierà la seconda opzione e quindi farà richiesta di sfratto al Tribunale con la necessaria assistenza di un avvocato, nel caso in cui ritenga di non avere più interesse ad intrattenere rapporti con quel conduttore moroso, quindi inaffidabile, ed a condizione che ci siano i presupposti per richiedere lo sfratto (per maggiori informazioni sullo sfratto, Clicca Qui).
Cosa fare prima di chiedere lo sfratto dell’inquilino moroso?
Il proprietario che decide di chiedere lo sfratto (e laddove ci siano i presupposti per farlo) deve far precedere questa sua richiesta dall’invio di una diffida all’inquilino.
Più precisamente, la diffida è una lettera, preferibilmente una raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale si intima all’inquilino il pagamento dei canoni insoluti entro un certo termine, in mancanza del quale il contratto dovrà intendersi sciolto e l’immobile liberato da persone e cose.
Questa diffida può essere scritta di pugno ed inviata dal locatore, ma è consigliabile che questo compito venga svolto da un avvocato.
Infatti, in questo caso, c’è il rischio che il proprietario, magari stanco di attendere il pagamento, si lasci andare ad un’intimazione (scritta o verbale che sia) che per la sua concreta formulazione, può integrare una vera e propria minaccia all’inquilino e pertanto, un reato punibile con una multa ed anche con una pena.
Quali sono i presupposti del reato di minaccia?
La minaccia è un reato previsto e punito dall’art. 612 del codice penale che si realizza quando una persona prospetta ad altri un male ingiusto.
In altri termini, un comportamento di una persona diventa una minaccia vietata quando con esso
- viene prospettato il pericolo di cagionare un male ad altri;
- e questo male è ingiusto (ossia illecito perché contrario ad una norma giuridica).
Per ottenere la celebrazione di un processo penale finalizzato a punire questa condotta, la persona minacciata deve presentare una denuncia ai Carabinieri, mentre nel caso in cui la minaccia sia grave, la denuncia non è necessaria perché si procede d’ufficio.
Più in particolare, si ritiene che se il locatore prospetta di adire le vie legali (ed in particolare, se si limita ad intimare lo sfratto al conduttore per morosità nel pagamento del canone) non può essere considerato un danno ingiusto perché consiste nell’esercizio di un diritto dello stesso e quindi, non è una minaccia vietata.
Il caso
- Marco ha dato in locazione il suo appartamento a Giulia, che da tempo non paga più il canone mensile. Quindi, stanco di questa situazione, le intima di lasciare libero l’appartamento ed andarsene.
- Giulia, non appena ricevuta l’intimazione inviatale da Marco di lasciare l’appartamento, ritenendosi perciò minacciata, presenta una denuncia contro quest’ultimo e chiede anche il risarcimento dei danni subiti.
- Il giudice di pace condanna Marco, ritenendolo responsabile del reato di minaccia, mentre il Tribunale ribalta questo verdetto, assolvendolo da qualsiasi responsabilità penale.
- L’inquilina Giulia ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che il tribunale non avrebbe valutato la sua versione dei fatti secondo cui le sarebbe stato intimato testualmente di “buttare dalla finestra tutti i suoi effetti personali e di distaccare le utenze elettriche ed idriche”; ma la Suprema Corte, in applicazione dei principi sopra detti, con la sentenza della V sezione dell’8 gennaio 2019, ha dichiarato il ricorso inammissibile e Marco è stato così ritenuto non responsabile del reato di minaccia.
Clausola di non responsabilità:
Le informazioni ed i contenuti di questo articolo sono riflessioni personali e non costituiscono, né sostituiscono – in nessun caso – una consulenza o l’assistenza legale. Come previsto dalla legge, sono protette dalla tutela del diritto d’autore. Il loro utilizzo o riproduzione, anche parziale, non è consentito senza previa autorizzazione.